Per molti versi l’opera di Aldo Natili può considerarsi emblematica delle posizioni, delle evoluzioni, e anche delle contraddizioni della pittura italiana tra gli anni Trenta e Settanta del Novecento, in particolare per quanto riguarda la situazione romana. Nato a Roma nel 1913, Natili infatti trascorre da una giovanile esperienza
prossima alle tematiche della Scuola Romana, all’impegno sociale dell’immediato
dopoguerra, che lo vede affiancato a personaggi come Guttuso, Fazzini,
Mafai nell’ambito della Libera Associazione Arti Figurative, la cui prima
mostra si ha nel 1945. Si apre quindi per Natili un periodo di grandi
riconoscimenti all’insegna di un convinto e appassionato linguaggio realista,
dalle forti implicazioni civili e politiche, che nell’umanità dolente
e disfatta sopravvissuta alla guerra, apparentemente privata di tutto,
rintraccia i segni e le certezze di un futuro di riscatto. Il linguaggio
schiettamente realista, talvolta quasi popolaresco, le tematiche forti,
immediate, avvicinano la sua produzione di questi anni a quella di Birolli,
di Pizzinato, di Migneco, e naturalmente di Guttuso, coi i quali condivide
anche nette e coraggiose prese di posizione politica. Sono gli anni in
cui Natili partecipa con successo alle Quadriennali di Roma (1948, 1952,
1956), alla memorabile Mostra dell’arte contro la barbarie (1951), e in
cui Zavattini lo coinvolge nella famosa operazione della “Collezione Roma”
(1946), quando lo scrittore chiede ad una cinquantina di artisti romani
di offrire un omaggio alla città attraverso un piccolo quadro che la
ritraesse in uno dei suoi molteplici e contrastanti aspetti (tra i molti
artisti che aderirono all’iniziativa vi erano Afro, Corpora, Capogrossi,
De Chirico, Donghi, Guttuso, Levi, Mafai, Melli, Pirandello, Prampolini,
Savinio, Turcato, Ziveri). È quindi un’opera complessa e diversificata, quella di Natili, che nei suoi quarant’anni di attività lo vede passare, secondo un’interiore coerenza, dall’intimismo degli anni Trenta all’impegno realista del dopoguerra, fino alle drammatiche tele informali dell’ultimo decennio. |
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Luca Quattrocchi,
Professore associato |
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